Studio CIPRA sui paesaggi culturali delle Alpi

Lo spopolamento demografico, l’abbandono delle pratiche agricole tradizionali e la conseguente banalizzazione della struttura paesaggistica sono processi che interessano le regioni alpine occidentali italiane da alcuni decenni. Più di recente, il fenomeno si è diffuso lungo tutto l’arco alpino, assumendo dimensioni sempre più preoccupanti e provocando importanti impatti di tipo sociale, ambientale ed economico.

Nel documento qui allegato si considerano alcune delle cause e delle conseguenze di tali processi, attraverso una serie di interventi di persone che a vario titolo si occupano di politiche di sviluppo di aree marginali e di alcuni casi-studio di successo, tra cui alcuni incentrati sulle aree terrazzate, quali l’Ecomuseo dei terrazzamenti e della vite di Cortemilia, la Fondazione Svizzera per la Tutela del Paesaggio, la Fondazione ProVinea della Valtellina e la cooperativa Olivicola di Arnasco (SV).

Dall’introduzione:

"Il 2006 verrà ricordato come l’anno dell’entrata in vigore in Italia della Convenzione Europea del Paesaggio. Questo atto chiude definitivamente un secolare travaglio, in cui il concetto di paesaggio ha subito un lento spostamento dall’esclusività di pochi al bene comune. Dal paesaggio da recintare in un parco nobiliare, alla iscrizione ad una categoria estetica, al riconoscimento in un decreto, il paesaggio doveva anche essere il bel paesaggio, da cercare in un altrove popolato di buoni selvaggi, di sereni pastori, di pazienti contadini. Doveva rispondere a definiti canoni enunciati da una cerchia di eletti, nobili terrieri, dotti cultori delle arti, padri costituenti, soprintendenti o pubblicitari.
L’esclusività è un fardello che il concetto di paesaggio si è portato addosso fino ad oggi, scavando un solco incolmabile e una reciproca incomprensione tra chi osserva il paesaggio e chi lo costruisce. Solo occasionalmente, a seguito di speciali vicende storiche, il paesaggio ha saputo affermarsi come bene condiviso di una comunità, specchio di una
identità collettiva, capace di evolvere con essa.
Sarà possibile salvare e rivitalizzare il paesaggio culturale delle Alpi o quello che ne resta? Quali sono le coordinate, i limiti e gli strumenti con cui condurre una simile azione di recupero? E confidando nel fatto che questa operazione abbia successo, il suo esito dovrebbe essere più simile ad una riesumazione oppure ad un reinnervamento del territorio
con le reti della relazione comunitaria e dello scambio di mercato, con tutti i rischi e le sfide poste da una nuova “invenzione” del paesaggio? (...)"